Progettazione per l’innovazione della didattica
e per l’acquisizione di competenze per la cittadinanza digitale
Mi è stata di recente affidata la progettazione di alcuni prodotti formativi per le scuole secondarie con l’obiettivo di sensibilizzare e informare su vantaggi e rischi della Rete e approcciarsi alla competenza digitale fin da giovanissimi, con consapevolezza e responsabilità.
I kit didattici sono stati messi a disposizione dai Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’Istruzione sul portale www.sapereconsumare.it. Sono basati su metodologie di apprendimento collaborativo, compiti di realtà da svolgere in Didattica Digitale Integrata per creare ambienti ibridi, aule virtuali nelle quali attivare momenti collettivi.
Le attività sono cioè pensate per sfuggire agli stati di individualismo e isolamento che la Rete può contribuire a creare. Anche attraverso l’uso di piattaforme digitali collaborative, gli e le insegnanti facilitano il confronto fra pari, svolgono un ruolo di guide lasciando che le allieve e gli allievi si esprimano con creatività e pensiero critico, senza timore a far emergere le proprie opinioni e imparando a rispettare quelle delle altre persone.
Per costruire ambienti digitali più sostenibili e etici la collaborazione intergenerazionale tra adulti (insegnanti, famigliari, tutor…) e Generazione Z è fondamentale per condividere un set di valori comuni, validi sia nella vita reale che online.
I nati dopo il 2010 saranno gli agenti principali della realtà della secondo metà di questo secolo, saranno loro a programmare le intelligenze artificiali del 2050, a dare ad internet le sembianze che riterranno più idonee per rendere più efficiente il loro lavoro, più sane le relazioni sociali, più sostenibili i propri comportamenti di consumo.
Ma che ruolo dovrebbe avere la cossidetta comunità educante?
Nel corso di alcuni incontri e focus group con alcune/i insegnanti, mi sono state raccontate molte criticità nell’utilizzo di internet e delle tecnologie da parte di giovani ragazze e ragazzi e “falsi miti” che circolano a scuola.
Pur essendo tra coloro che pensano che abbiamo molto da imparare da come la generazione Z comunica e si relaziona online, non credo assolutamente nel fenomeno che viene chiamato “nativi digitali”.
Chi dà per scontato che non soffra di carenze di competenze, rischia il cosiddetto effetto Dunning-Kruger (EDK). È una distorsione cognitiva che induce a sopravvalutare le proprie competenze, proprio quando se ne hanno poche o nessuna. L’autovalutazione, insomma, può fare brutti scherzi, speciamente se abbinata a bias intergenerazionali:
Queste equazioni lasciano fuori qualunque area di intersezione delle competenze, delle consocenze e delle abilità di mondi che sono in costante contatto e compenetrazione.
Si tende a tenere totalmente distinti il possesso della tecnica, dal sapere, inteso come consapevolezza profonda dell’agire.
Nell'”Etica Nicomachea”, Aristotele parla di una virtù dianoetica che nasce dall’insegnamento e di un’altra, l’etica, che necessita dell’abitudine. È una grande lezione che sembra parlare proprio a noi, i protagonisti dell’era della trasformazione tecnologica:
Di due tipi è, pertanto, la virtù: dianoetica ed etica: quella dianoetica trae in buona
parte la propria origine e la sua crescita dall’insegnamento, cosicché necessita di esperienza e di
tempo; la virtù etica, invece, deriva dall’abitudine, dalla quale ha preso anche il nome con una
piccola modificazione rispetto alla parola “abitudine”. Da ciò risulta anche chiaro che nessuna
delle virtù etiche nasce in noi per natura: infatti, nulla di ciò che è per natura può assumere
abitudini ad essa contrarie: per esempio, la pietra che per natura si porta verso il basso non può
abituarsi a portarsi verso l’alto, neppure se si volesse abituarla gettandola in alto infinite volte;
né il fuoco può abituarsi a scendere in basso, né alcun’altra delle cose che per natura si
comportano in un certo modo potrà essere abituata a comportarsi in modo diverso. Per
conseguenza, non è né per natura né contro natura che le virtù nascono in noi, ma ciò avviene
perché per natura siamo atti ad accoglierle, e ci perfezioniamo, poi, mediante l’abitudine.
Inoltre, di quanto sopravviene in noi per natura, dapprima portiamo in noi la potenza, e poi lo
traduciamo in atto (come è chiaro nel caso dei sensi: giacché non è per il fatto di avere spesso
visto e sentito che noi acquistiamo questi sensi, ma viceversa noi li usiamo perché li
possediamo, e non è che li possediamo per il fatto che li usiamo). Invece acquistiamo le virtù con
un’attività precedente, come avviene anche per le altre arti. Infatti, le cose che bisogna avere
appreso prima di farle, noi le apprendiamo facendole: per esempio, si diventa costruttori
costruendo, e suonatori di cetra suonando la cetra. Ebbene, così anche compiendo azioni
giuste diventiamo giusti, azioni temperate temperanti, azioni coraggiose coraggiosi.